È cambiata considerevolmente la composizione degli stati a seguito della pandemia globale da Coronavirus, chi ha investito particolarmente tutti i settori che possono essere presi in considerazione, tra cui anche il calcio. Ciò che è stato possibile notare, nei diversi incontri che si sono disputati sul piano nazionale e internazionale, però, è un adozione di misure differenti in base ai singoli paesi che ospitano un incontro calcistico. Se in Italia si è fermi, almeno secondo direttive che precedono il dpcm di Giuseppe Conte, ad una composizione di numero massimo di 1000 persone, a loro volta invitate dalle singole società, diversa è la composizione internazionale degli stati, con alcune realtà, come quella francese del Rennes, che hanno proposto addirittura stadi pieni. Non sono mancate polemiche e dubbi circa la composizione dei singoli stati, nonché ricorsi e polemiche alla UEFA, che però si appella alla responsabilità delle singole nazioni. Ecco tutto ciò che c’è da sapere, dunque, a proposito della composizione degli stadi e del numero di persone che possono essere presenti all’interno degli stessi.
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L’esperimento in Supercoppa Europea
Al fine di comprendere quali siano le direttive principali che riguardano la composizione dei singoli stati sul piano internazionale, bisogna approfondire quel precedente storico che si è verificato il 24 settembre del 2020. Si parla della finale di Supercoppa Europea giocata tra Bayern Monaco e Siviglia, e vinta dalla squadra tedesca; in quel caso, la Uefa si espresse a favore dell’introduzione del 30% delle persone all’interno degli stati, con conseguente possibilità, per 16000 persone, di presenziare all’importante evento europeo.
Per questo motivo, il comitato esecutivo UEFA ha deciso di realizzare una regola sulla falsariga di quel precedente, permettendo l’ingresso negli al 30% delle persone che naturalmente occuperebbero lo stadio in una capienza massima; a questa regola si accompagna una direttiva consequenziale, che riguarda il divieto di accesso allo stadio da parte di tifosi ospiti, a meno che non siano direttive nazionali a prevederlo.
La responsabilità dei singoli stati
Se la decisione della UEFA è stata lodata con grande soddisfazione da Aleksander Ceferin, presidente UEFA, non risulta essere una misura risolutiva al 100%, come i primi incontri di Champions League hanno dimostrato. Se alcune realtà nazionali si sono adeguate ai provvedimenti internazionali, prevedendo l’ingresso di un massimo del 30% dei tifosi all’interno di uno stadio, diverse sono state le misure di altri paesi, sia in virtù di un’interpretazione differente della norma, sia in virtù di una regola che permette alle singole realtà nazionali di decidere a proposito dell’andamento dei singoli stati.
L’esempio più eclatante è stato quello del Rennes, con tribune e curve piene e tifoseria presente in gran numero all’interno dello stadio. Altra polemica che si è sviluppata nelle ore esattamente successive agli incontri di Champions League riguarda, effettivamente, l’interpretazione del 30% stabilito dalla UEFA. Se in alcune realtà geografiche ciò porta effettivamente ad una possibilità di distanziamento sociale, in stadi particolarmente capienti, come il Camp Nou o il Santiago Bernabeu, il 30% dei tifosi rappresenta, allo stesso modo, un numero incredibilmente elevato di persone che possono entrare in libertà all’interno di uno stadio. Non mancano, dunque, dubbi e polemiche circa la decisione presa dalla UEFA.